Se le parole… – Pensieri di casa

Ogni tanto mi sorprendo con i miei pensieri. Come se stessi giocando a nascondino a improvvisamente mi ritrovassi senza aspettarmelo persa in qualche subordinata.

Mi rendo conto di quanto vorrei che queste mie parole potessero farmi da tramite con il mondo, potessero aiutarmi ad esprimere ciò che porto con me, potessero aiutarmi a condividere la mia testa con chi mi circonda.

Mi ritrovo ad essere sull’orlo delle lacrime davanti a un miscuglio di profumo arancione che mi viene piazzato in mano. E no, questa volta non si sta parlano delle azioni di un ragazzo o un presunto innamorato: si parla di amiche, di ragazze che stimo e che credono in me; che mi fanno sentire importante mettendomi al centro della serata per festeggiare il compleanno di quache giorno prima. Che mi fanno gli auguri in ritardo scrivendomi delle parole dolcissime.

Avere le lacrime che ti pulsano perché vivi ciò che neanche pensavi potesse essere possibile e rendersi conto che quello che per molti è la normalità per me è un grande segno di amore che non può essere considerato scontato.

So che è lo sconvolgimento che deriva da queste piccolezze a caratterizzarmi: le mie grandi emozioni per le piccole cose sono ciò che mi rende chi sono. Sorpresa per ogni minuzia; felicità per un cornetto e un buon caffè che arrivano alle sette della mattina del mio compleanno direttamente in casa mia con delle facce sorridenti ma stravolte.

Le suore che mi chiamano dal Kenya per festeggiare il mio compleanno a distanza, mentre stanno banchettando con un pasto festoso, compreso di torta e fotografia sorridente sul muro delle decorazioni. “Perché sono parte della comunità”.

E allora perché queste lacrime e questa voglia di tirarle fuori? Perchè questo magone?

Non sono cresciuta sola e non sono cresciuta priva di affetto o di amore. Anzi, è proprio ciò con cui sono stata nutrita per tutta la mia vita.

Ma allora cosa è che mi fa scattare ancora adesso questa sensazione?

Restare una bambina che si emoziona di fronte alle piccolezze e alle sorprese. Vivere i sentimenti intensamente, bene o male che siano. Diventare un tutt’uno con le emozioni e lasciare che siano queste ultime a guidarti e non ciò che la testa ti spinge a fare. Semplicemente respirare e sentirsi in meravigliosa sintonia con la musica nella tua testa. Perdersi in questa corrente di colori e lasciare vagare la mente libera fino a riscoprire la pienezza del nero.

Perché alla fine non è “dal letame che nascono i fior”? Non è il nero così scuro a raccogliere in sé tutti colori che vediamo?

Non è facile convincersi a ricominciare a vivere in mezzo a tutti questi agi pensando a quanta felicità può procurare la semplicità e l’essenzialità. Avere tre vestiti tra cui scegliere e poterli lavare e asciugare nel giro di due ore nel caldo deserto di Maikona.

Cercare nelle persone bianche il sorriso caloroso e gratuito dei miei bambini cioccolatino.

Tante parole ho avuto in Kenya per descrivere ciò che stavo vivendo, tante me ne mancano ora per trasformare in concetti ciò che sento mi sta passando attraverso.

Tante emozioni mi hanno regalato questi cinque mesi in terra africana; tante sono ancora difficilmente reperibili dentro di me, quasi chiuse dentro la rigidità occidentale.

Penso al sorriso di Joshua; a come Bravin pronunciava balbettando il mio nome; alla corsa per abbraciarmi di Kosh. Una piccola lacrima liberatoria fa finalmente capolino e coraggiosa attraversa la guancia fino a perdersi sulle labbra.

La semplicità disarmante può farti vivere emozioni che poi si nascondono dentro e non vengono fuori di fronte alla complessità delle giornate.

Ho pensato tanto a cosa scrivere sul mio ritorno: il viaggio, i saluti, le esperienze più belle, cosa il Kenya mi ha lasciato. C’è sicuramente ancora tanto da dire, tanto che potrebbe essere raccontato.

Eppure, le parole non ne vogliono sapere di trovare il giusto ordine per permettere alla mia testa di spiegarsi. E allora le lasci navigare, vagare alla ricerca della congiunzione giusta, dell’aggettivo a cui aggrapparsi per non annegare.

Finchè la nave non salperà per raccogliere ciò che è andato disperso in mezzo all’oceano, finchè il vento non soffierà in poppa e le vele si gonfieranno a sufficienza da poter navigare liberamente. Salpare fino ai confini della mente e raccogliere tutti i naufraghi.

Forse, allora, un’altra storia nascerà.

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